Un weekend per raccontare mezzo decennio: Il Draft NFL 2017

Sono la persona meno adatta a scrivere di draft.

Seguo molto saltuariamente il college football, e lo faccio perlopiù guardando qualche highlight su Youtube e ascoltando quella Bibbia del football NCAA che è la voce di Joel Klatt.

Se dovessi fare un mock draft probabilmente salterebbe fuori un elenco di nomi messi a caso dettati dalle “vibes” che mi danno certe accoppiate giocatore-squadra, e non dalle reali necessità delle franchigie al termine di una stagione.

Sono uno di quelli che si esalta per una trade-up e spera ogni anno che il suo GM renda una notte di fine aprile un po’ più emozionante, pur sapendo che probabilmente l’elettricità di quei tre minuti nuocerebbe a lungo termine sull’andamento della stagione.

Tuttavia, mi sarebbe sembrato uno “spreco” non spendere due parole nella settimana del draft per raccontare questo weekend che ci dà una parvenza di “normalità” nel deserto footballistico più assoluto che è la stagione primaverile. Ma, per l’appunto, come ben sa chi ha già letto qualcosa scritto da me, mi piace “raccontare”, e che cosa c’è da raccontare in un draft?

Sui grandi giocatori presi con scelte improbabili si è già detto tanto, forse tutto. Lo stesso vale per le narrazioni che vertono intorno ai più drammatici bust, sprechi di risorse – espressione che nella mia testa suona molto meno cattiva che sullo schermo – che hanno spezzato le gambe a franchigie con una possibilità di rilanciarsi.

Un’idea interessante sarebbe quella di provare a raccontare l’NFL attuale, quella di questi ultimissimi anni, attraverso un draft in particolare. Ma è possibile identificare un solo weekend in cui siano stati scelti atleti collegiali tanto incisivi da prestarsi a fare da chiave di lettura dell’attuale stato di cose della lega?

Forse sì.

E’ ovvio che qualunque draft, anche quello che ci ha lasciati più con l’amaro in bocca per l’assenza di grandi nomi, segna indelebilmente la traiettoria di tutte e trentadue le franchigie. E’ proprio questo il bello del draft: l’effetto farfalla che si scatena con ogni scelta. Perché anche un giocatore che avrà una carriera sotto le righe può essere parte di una trade che invece rappresenta il prologo di una leggenda.

Nel draft del 2000 ce ne sono centonovantotto di scelte che, a prescindere dal valore del giocatore selezionato, possono essere interpretate in questo senso.

Quale anno scegliere, allora?

C’è stato un draft, negli anni recenti, che a mio parere ha segnato in modo particolarmente incisivo la storia attuale dell’NFL, non solo per via dei giocatori che vi sono stati scelti, ma anche in ottica di quell’effetto farfalla di cui sopra, e di come certe trade abbiano poi avuto ripercussioni cruciali sui draft a venire.

Allora facciamo un salto indietro, nell’aprile del 2017.

Dalla celebre scalinata percorsa da Rocky sulle note di Gonna Fly Now, Roger Goodell si appresta come ogni anno a leggere decine di nomi che cambieranno la storia del football americano, e altrettanti che in pochi si ricorderanno a distanza di qualche mese.

È legittimo dire che in questo draft almeno mezza dozzina di squadre ha trovato quello che negli anni a venire sarebbe stato il pezzo più importante del suo puzzle.

È indubbiamente il caso della prima scelta.

Round 1, Pick 1.
Cleveland Browns – Myles Garrett.

Dopo la debacle del progetto Johnny Football e una disastrosa stagione 2016 conclusasi 1-15, i Browns decidono di lasciar passare i tre quarterback di rilievo predestinati ad andare via al primo giro per rinforzare il reparto difensivo.

A onor del vero, visto lo stato delle cose in quel di Cleveland, non esistevano scelte sbagliate alla prima assoluta: qualunque giocatore da primo giro avrebbe drasticamente migliorato le cose in Ohio, e con Myles Garrett i Browns hanno trovato indiscutibilmente uno dei due migliori giocatori difensivi del draft 2017 e, forse, anche dell’NFL del 2024.

Perché, però, non andare a risolvere il problema principale – la questione quarterback – con una scelta al primo giro? I piani dei Browns, col senno di poi, erano quelli di andare per il best player available con la prima assoluta per poi targettare le loro infinite need nei giri successivi. Proprio questa strategia li ha condotti a scegliere DeShone Kizer con la loro scelta al secondo giro: esperimento inopinabilmente fallito, che tuttavia ha portato Cleveland a riuscire nell’apparentemente impossibile impresa di peggiorare il record dell’anno precedente e finire la stagione 2017 senza neanche una vittoria.

Esattamente un anno più tardi i Browns si sarebbero ripresentati al draft, di nuovo con la prima assoluta, e questa volta sì che avrebbero preso un quarterback. Questo qui.

Difficile, con il senno di poi, affermare che non prendere né Mahomes né Watson sia stata una scelta brillante, ma cosa sarebbe stato del primo in un ambiente disfunzionale come quello di Cleveland nessuno può saperlo, mentre in Ohio il secondo ci è arrivato comunque, sebbene seguendo una strada più lunga sulla quale scelgo di non soffermarmi, per quanto quest’articolo dovrebbe parlare anche di lui.

Ciò che si può dire con certezza è che oggi i Browns non avrebbero una delle migliori difesa della lega, se non fosse per quella prima scelta nel 2017 da cui è iniziata una storica rebuild.

Round 1, Pick 2.

Chicago Bears – Mitchell Trubisky.

Forse solo il recentissimo arrivo di Caleb Williams potrà addolcire il gusto amaro che tutta la tifoseria Bears sente in bocca ancora oggi, a distanza di anni, dopo essersi vista scappare via il quarterback più talentuoso di sempre solo perché Trubisky “sembrava” la scelta giusta. Se si vuole spezzare una lancia a favore dell’ex QB di UNC, i numeri di Trubisky a Chicago non sono stati poi così terribili: è l’eye test a raccontare il fallimento della scelta dei Bears, soprattutto quando paragonati con i due quarterback presi dopo di lui nel corso del primo giro.

Con uno sguardo al presente, tuttavia, Chicago non si ritroverebbe in mano il miglior prospetto in quel ruolo negli ultimi dieci anni – sebbene ogni quarterback predestinato alla prima scelta assoluta sembri essere il miglior prospetto del decennio in corso – se Trubisky fosse stata una mossa vincente, per quanto va anche detto che di mezzo c’è stata un’altra controversa esperienza nella quarterback room di Chicago, ma il discorso Justin Fields merita più spazio e qualche altro mese per essere affrontato propriamente.

Round 1, Pick 8.

Carolina Panthers – Christian McCaffrey.

La prima vera superstar nel reparto offensivo viene scelta dopo quasi un’ora di draft, quando i Panthers chiamano il nome di Christian McCaffrey con l’ottavo pick. Dopo la storica stagione 2015, culminata con l’MVP di Cam Newton e l’apparizione al Super Bowl, nel 2016 i Panthers finiscono con un anticlimatico record di 6-10 e la necessità di aggiustare qualcosa in attacco.

Purtroppo per McCaffrey, Cam non sarebbe più stato lo stesso e il tandem in cui i tifosi di Charlotte avevano tanto sperato avrebbe sì dato spettacolo, ma senza rispettare pienamente le altissime aspettative dei più.

Di lì a pochi anni McCaffrey sarebbe rimasto l’ultimo baluardo di una franchigia alla deriva che, in un atto di pietà nei confronti del suo runningback, gli avrebbe permesso di cercare una trade per salvarsi da una nave destinata ad affondare.

Inutile dire quanto la trade di McCaffrey abbia completamente rivoluzionato lo stato attuale delle cose in NFL: per quanto il roster dei 49ers al quale è approdato fosse già assolutamente di rilievo, McCaffrey ha indubbiamente reso San Francisco la miglior squadra della lega 1-through-53, guidandoli a due finali di conference consecutive e a un soffio dall’infilarsi un anello al dito.

Round 1, Pick 10.

Kansas City Chiefs – Patrick Mahomes.

Qua c’è poco da dire, sarebbe pleonastico sottolineare quanto la scelta di Mahomes abbia cambiato la storia dei Chiefs e dell’NFL a tutto tondo. Ciò che è davvero interessante è la trade che ha portato Veach a scegliere il quarterback di Texas Tech. Nel 2017, infatti, i Chiefs detenevano la pick n.27 al primo giro, e tra tutte e 31 le squadre con cui potevano fare trade up, con chi possono mai averlo fatto?

Con Buffalo.

Fa quasi ridere pensare a come sarebbe la lega oggi se Buffalo non avesse accettato quella trade o, peggio ancora, se Kansas City non avesse provato a salire per Mahomes.

Quel che importa è che i Chiefs hanno preso Mahomes, i Bills hanno rimandato di un anno la ricerca del quarterback del futuro, e dodici mesi dopo hanno preso con la settima scelta Josh Allen, dando così vita alla rivalità che sta segnando questi ultimi anni in NFL ogni gennaio (evito commenti sul concetto di rivalità per non inimicarmi i tifosi Bills).

Conseguenze non meno importanti di questa trade, nella quale i Chiefs hanno rinunciato a un terzo giro e al primo dell’anno successivo, è che i Bills sono usciti dal draft 2017 con le colonne portanti della terrificante difesa che avrebbero messo in campo negli anni successivi: Tre’ White, Matt Milano e Dion Dawkins, ai quali si sarebbe aggiunto un anno dopo Tremaine Edmunds proprio grazie alla scelta ceduta da Kansas City.

La trade l’hanno indiscutibilmente vinta i Chiefs, ma è difficile immaginare uno scenario in cui Buffalo potesse cadere più in piedi di così, al netto di aver perso la possibilità di avere Mahomes nel freddo di Orchard Park.

Round 1, Pick 30.

Pittsburgh Steelers – T.J. Watt.

Su questa scelta non c’è molto da raccontare: nessuna trade, nessuna conseguenza particolare sui draft a venire, nessuna occasione mancata. Gli Steelers hanno semplicemente rubato a fine primo round uno dei tre migliori giocatori del draft, punto. Da sette anni, quando in salute, T.J. Watt è il miglior difensore della lega e di gran lunga il miglior giocatore di Pittsburgh. Un giocatore nato per vestire la maglia giallo-nera di Pittsburgh, vestigio di una Steel Curtain che non esiste più e della quale per questioni anagrafiche non ha potuto far parte, ma che sicuramente l’avrebbe accolto a braccia aperte.

Round 3, Pick 69.

Los Angeles Rams – Cooper Kupp.

Il draft continua, le squadre si rinforzano e tolgono dalla loro board quelli che ritenuto must have, i giocatori che le hanno più ammaliate nella combine e che, con tutta probabilità, hanno invitato per delle interviste private in modo da poterli valutare con più accuratezza.

Tuttavia, il draft non è fatto solo dei primi due round, e nel terzo ci si aspetta sì di trovare buoni giocatori, ma raramente si ha l’audacia di sperare in un futuro MVP del Super Bowl e triple crown, soprattutto quando questo non arriva al metro e novanta ed esce da Indianapolis senza lasciare un’impressione indimenticabile.

Eppure, i Rams ce l’hanno fatta.

Sebbene non abbia da subito lasciato un’impronta indelebile nella lega, Kupp si è man mano guadagnato la fiducia di McVay e dei suoi quarterback per poi dominare in lungo e in largo la stagione 2021, quando insieme a Stafford e ad Aaron Donald ha condotto i Rams a una vittoria al Super Bowl dopo aver concluso la regular season come miglior wide receiver in termini di ricezioni, yards, e touchdown.

Fermiamoci un secondo e facciamo un resoconto di quanto detto finora.

Dal giorno del draft 2017 a oggi sono trascorse esattamente sette stagioni footballistiche (unità di misura che uso per calcolare l’inesorabile incedere del tempo e della mia vita).

In queste sette stagioni, i giocatori menzionati finora hanno messo in bacheca in totale:

  • 2 MVP
  • 4 SB MVP
  • 4 SB
  • 2 DPOY
  • 3 OPOY

Mi scuso per questo elenco della spesa che poco si confà al mio modo di scrivere, ma volevo rendere ben chiara la portata dei nomi di cui abbiamo parlato e dell’impatto che questo draft ha avuto sugli ultimi anni della lega.

Ciò detto, mancano ancora un paio di chicche prima di dire addio – di nuovo – al draft 2017, quindi andiamo avanti:

Round 5, Pick 146.

San Francisco 49ers – George Kittle.

Nel caso di Kittle non si può parlare del miglior giocatore della propria squadra solo perché il cuore pulsante dei 49ers l’ho già nominato più sopra – e anche per via dell’esistenza di quel semidio che è Fred Warner, ma questo è un altro paio di maniche. Trovare un giocatore come Kittle nel quinto round è sostanzialmente un miracolo, senz’ombra di dubbio la miglior tight end del draft e, a mio avviso, tutt’oggi il numero due nel suo ruolo. E’ lo stesso Kittle a dare il via alla nuova generazione di tight end sfornate da Iowa, università che negli anni a venire porterà in NFL nomi come quello di T.J. Hockenson, Noah Fant, e Sam LaPorta.

Voglio chiudere questa breve disamina del draft 2017 parlando di un pick che nell’immediato non ha sostanzialmente avuto alcun riscontro sulla squadra che l’ha depositato, ma che a distanza di qualche anno avrebbe, nel modo più inaspettato, segnato un momento di svolta per una delle franchigie più blasonate dell’NFL.

Round 3, Pick 104

San Francisco 49ers – C.J. Beathard

Restiamo sempre nella Bay Area, dove i 49ers, alla vigilia della selezione di Kittle, decidono di puntare su un mid-round quarterback facendo trade up alla fine del terzo giro.
San Francisco aveva chiuso la stagione 2016 con un disastroso record di 2-14 e, nel pieno del caso Kaepernick, si era ritrovata senza un quarterback anche per il volere del neo-assunto Kyle Shanahan, il quale non riteneva Kaep adatto ai suoi schemi.

La QB room dei 49ers nella stagione d’esordio di Shanahan sulla panchina dei Faithful sarebbe stata composto dal nuovo acquisto Jimmy Garoppolo, il quale alla lunga avrebbe conquistato il ruolo di starter, l’eterno backup Brian Hoyer, e lo stesso Beathard.

Beathard, pur non guadagnandosi mai un posto da titolare nell’attacco di San Francisco, sarebbe rimasto in California per le 4 stagioni successive, per poi diventare free agent nel 2021.

Com’è possibile, vi chiederete, che un quarterback preso il secondo giorno di draft, che in quattro anni ha lanciato per poco più di 3000 yards solo per diventare un free agent alla fine del suo contratto da rookie possa avere inciso sul futuro di una franchigia tanto di rilievo quanto quella di San Francisco?

Domanda legittima la cui risposta risiede in uno dei meandri più sconosciuti e oscuri di tutto il lato “manageriale” dell’NFL: i compensatory picks. Senza entrare nel dettaglio – cosa che non sarei in grado di fare – parliamo di scelte addizionali al draft “date” dalla lega stessa alle squadre che hanno più perso che guadagnato in free agency (spiegazione che farà accapponare la pelle ai più esperti ma che spero non sia troppo sacrilega).

Fatto sta che nel draft 2022, proprio dopo aver perso Beathard nella FA dell’anno precedente, l’NFL ha deciso di assegnare ai 49ers una compensatory pick all’ultimo giro. Questa scelta non era semplicemente un 7-rounder, ma bensì l’ultima scelta assoluta del draft, la numero 262, e chi non ha vissuto sotto un sasso negli ultimi due anni sa benissimo com’è andata a finire quella scelta. Come canta il maestro Venditti in Amici Mai, “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”. L’amore di Shanahan per un quarterback adatto al suo schema, sbocciato nel 2017 ma mai corrisposto, è tornato a casa proprio dopo aver perso il primo quarterback draftato nella sua storia da 49er, quello stesso C.J. Beathard che oggi a Jacksonville si gioca mestamente il ruolo di backup con Mac Jones. Perché con quella pick numero 262 guadagnata in seguito alla perdita di Beathard, i 49ers hanno selezionato Brock Purdy, aprendo così un nuovo capitolo della storia NFL.